Fuggiaschi
Capitolo I
Samuel uscì di fretta dallo spogliatoio, era in ritardo, come sempre e come al solito. Il cliente, l'unico di quella giornata, lo stava aspettando in hotel.
Appena entrato in auto, tirò fuori dalla tasca il cellulare e gli mandò un messaggio. La risposta fu veloce e immediata: "Non preoccuparti tesoro, ti sto aspettando…spero di non addormentarmi".
A Samuel scappò un sorriso: quel tizio ormai era un suo cliente fisso da parecchi anni e tutto sommato si era un po' affezionato, anche perché quando era capitato di aver bisogno di qualche soldino extra, Riccardo, questo il suo nome, non si era certo risparmiato.
Mentre guidava verso il Borgo Hotel, l'unico a Borgopianura, Samuel pensò velocemente a quello che non era stato della sua vita. Quando aveva iniziato a giocare a calcio, all'età di quindici anni, si era immaginato di approdare, un giorno, in un grande club, ma alla fine, per un imprevisto o per un altro, era rimasto a Borgopianura. La società militava nelle categorie inferiori e lo stipendio era quello che era, allora Samuel, per arrotondare, si era reinventato come gigolò: uomini o donne non era un problema, "basta che respirino" o, per meglio dire: basta che paghino!
Appena arrivato al parcheggio dell'Hotel, si sistemò i capelli con l'aiuto dello specchietto retrovisore, infilandosi i due orecchini che aveva messo nel vano porta oggetti prima di andare ad allenamento.
Consegnò il documento di riconoscimento al portiere e salì trafelato al quinto piano, stanza 517.
Arrivato davanti alla stanza di Riccardo bussò furtivamente.
"Chi è?" Si sentì dall'altra parte della porta.
"Sono Samuel."
Si udirono passi leggeri e poi poco dopo Riccardo aprì la porta.
Ogni volta che lo vedeva, Samuel si domandava quanti anni potesse avere: doveva avere all'incirca la sua età. Perché non chiedergliela? Samuel si era dato alcune "regole di comportamento", e una era proprio quella di non chiedere l'età o il nome: sapeva che si chiamava Riccardo perché era stato lui a dirglielo.
Riccardo era un bel ragazzo e in quel mondo non era poi certo così strano che anche ragazzi giovani e ben fisicati pagassero i servi sessuali di un gigolò, anche se i clienti di Samuel erano in prevalenza uomini e donne di una certa età.
Fare sesso con lui era estremamente piacevole e appagante, ma era piacevole e appagante anche conversare: non mancava volta che dopo l'amplesso si intrattenessero in chiacchiere, condite di dolci coccole e carezze.
Samuel uscì dall'hotel verso mezzanotte. Prima di salire in auto controllò la chat segreta: non era troppo stanco e non era nemmeno troppo tardi per le sue abitudini, ci sarebbe stato tempo per un altro incontro, purtroppo il sito di messaggistica era vuoto, tanto valeva tornare a casa.
Samuel abitava da solo in un monolocale alla periferia nord di Borgopianura. Lo stipendio da calciatore e gli extra come giogolò gli permettevano una certa tranquillità, guadagnava sicuramente più della maggior parte di suoi coetanei: con l'attività di sesso a pagamento riusciva anche a mettere insieme, a volte, quattromila euro a settimana, se "lavorava" tutti i giorni.
Lasciato il parcheggio dell'Hotel si diresse verso la provinciale, la via più veloce per arrivare a casa. Dopo un paio di chilometri, quando stava per svoltare in direzione della sua abitazione vide uno strano lampo tagliare il cielo: qualcosa era caduto nel campo che costeggiava la strada, Samuel lo aveva visto distintamente, la terra coltivata quel giorno si era alzata in una montagna di polvere.
Samuel guardò dallo specchietto se ci fosse qualcuno dietro di lui: non c'era anima viva in giro. Samuel parcheggiò l'auto sul ciglio della strada e non senza qualche difficoltà dato che il terreno in quel punto era fangoso, raggiunse il punto dell'impatto, armato di cellulare, stava infatti riprendendo tutto e il cuore gli batteva a mille.
Senza accorgersene si trovò davanti un ragazzino, completamente nudo, tutto ricoperto di terra e dal volto impaurito.
Il ragazzo indietreggiò e cadde nel buco che l'oggetto aveva creato.
"Ehi ragazzo, tranquillo, non voglio farti male." Samuel spense il cellulare e se lo infilò in tasca e si chinò per aiutare il ragazzo ad alzarsi.
Vedendo la mano tesa di Samuel, il ragazzo sorrise e si fece aiutare.
Disse qualcosa di incomprensibile, ma era chiaro, dai gesti che faceva, che avrebbe desiderato qualcosa per coprirsi.
Samuel si tolse la parte superiore della tuta e gliela mise addosso.
"Mi pare evidente ragazzo che tu non sia di queste parti." Gli disse mentre lo stava conducendo all'auto.
Una volta saliti a Samuel sparì tutta l'adrenalina: che fare ora? La scelta più logica sarebbe stata quella di andare dai carabinieri, ma già si immaginava un ragazzino impaurito torchiato tutta notte e pure magari la mattina seguente e poi tutta la trafila dei servizi sociali.
Samuel lo portò a casa sua, non prima di avergli fatto indossare anche un paio di pantaloni, che prese dalla sacca dell'allenamento.
Quando arrivò a casa fortunatamente non c'era nessuno nei paraggi, non era proprio il massimo farsi beccare in auto con un minorenne mezzo nudo.
Samuel parcheggiò la propria vettura direttamente nell'autorimessa sotterranea del palazzo in cui abitava e da lì con l'ascensore raggiunse poi il proprio appartamento.
Il ragazzo ubbidiente faceva tutto quello che Samuel gli indicava, sì perché Samuel si rivolgeva a lui a gesti. Una volta entrati nell'appartamento come prima cosa Samuel lo infilò sotto la doccia: Samuel gli porse una saponetta, il ragazzo la osservò, la annusò e poi ne addentò un pezzo, salvo poi sputare il tutto e lanciando poi la saponetta contro la parete.
Samuel la raccolse e la appoggiò sul lavandino.
"Proviamo con questo…" Dal mobiletto lì vicino prese il bagnoschiuma e, sempre gesticolando, spiegò al suo ospite come utilizzarlo.
"Non credevo che far fare la doccia a qualcuno fosse così difficile." Ma dopo una ventina di minuti abbondanti il ragazzo era lindo e pulito.
Samuel gli fece indossare uno dei suoi pigiami e lo fece poi accomodare sul divano.